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25 LUGLIO 1943: QUANDO L’ITALIA DISSE ADDIO A MUSSOLINI

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Il giorno in cui tutto cambiò

Era il 25 luglio del 1943. L’Italia era nel pieno della Seconda guerra mondiale, stanca, bombardata e in ginocchio. Da ventuno anni al potere, Benito Mussolini sembrava invincibile. Eppure, in una notte d’estate, tutto cambiò: il Gran Consiglio del Fascismo – lo stesso organo che lo aveva sostenuto per anni – lo sfiduciò. Il Re lo fece arrestare. Gli italiani si svegliarono il giorno dopo con un annuncio alla radio: Mussolini non era più il capo del governo. Fine del fascismo? Non ancora, ma era l’inizio della fine.

Perché cadde Mussolini?

Per capirlo bisogna guardare al contesto: la guerra stava andando male, molto male. Le truppe italiane erano sconfitte in Africa e in Russia, mentre gli Alleati sbarcavano in Sicilia. La popolazione era stremata, e molti gerarchi fascisti cominciavano a temere il peggio. Non fu una rivolta popolare a far cadere il Duce, ma una mossa politica: i suoi stessi uomini lo abbandonarono per cercare di “salvare il salvabile”. Volevano trattare la pace con gli Alleati e fermare la distruzione dell’Italia.

Cosa successe dopo? Non proprio il lieto fine

Se pensi che la caduta di Mussolini segnò la pace immediata, ti sbagli. Pochi mesi dopo, i nazisti occuparono l’Italia del Nord e lo stesso Mussolini, liberato dai tedeschi, fondò la Repubblica Sociale Italiana, uno stato-fantoccio sotto il controllo di Hitler. Iniziò la guerra civile italiana: da una parte i fascisti della RSI, dall’altra i partigiani che lottavano per la liberazione. Il conflitto sarebbe finito solo nell’aprile del 1945, con la sconfitta del nazifascismo

Perché questa storia parla ancora a noi?

Potrebbe sembrare solo un capitolo di un vecchio libro di scuola, ma quella notte del 25 luglio 1943 ci insegna ancora molto. In primis, che anche i regimi più forti possono crollare, spesso dall’interno. Ci ricorda che la libertà non va mai data per scontata, e che partecipare alla vita democratica è un dovere. E ci mostra come le scelte di pochi possano influenzare il destino di milioni.

I giovani e la memoria

Oggi, molti giovani si chiedono che senso abbia studiare la storia del fascismo. La risposta è semplice: per riconoscere i segnali dell’autoritarismo, per non cadere nell’illusione di “uomini forti” al comando, per capire che la democrazia, con tutti i suoi difetti, è il frutto di scelte, sacrifici e coraggio. Quel 25 luglio è la prova che cambiare è possibile – e che ogni generazione ha la responsabilità di scrivere la propria storia.

 

25/07/2025

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